La pinsa: storia e origine della pizza romana

La pinsa: storia e origine della pizza romana

Pane, pizza, focacce, piadine, panini… e chi più ne ha più ne metta! La gastronomia italiana contempla un numero quasi infinito di prodotti da forno, che sono importantissimi nella vita quotidiana di grandi e bambini*: a pranzo o a cena, a colazione o a merenda, c’è sempre una fetta di pane, uno spicchio di pizza, un grissino, una fetta biscottata o un qualsiasi altro lievitato a portata di mano.

Ma oggi parleremo di qualcosa di diverso: diverso perché appartiene a un’area geografica ben precisa, ma è celebre in tutta la Penisola; diverso perché ha le sue regole e una ricetta inequivocabile, ma molte somiglianze con la pizza; diverso perché è versatile e pratico come pochi altri prodotti da forno, ma sa accontentare proprio tutti. Stiamo parlando della pinsa, una particolare pizza romana che ha origini molto antiche e una lunga storia.

In questo articolo parleremo proprio delle vicissitudini di questa ricetta, del luogo e del tempo in cui è nata, dell’uso che se ne fa attualmente e delle piccole grandi trasformazioni che hanno interessato la pinsa nel corso degli anni. Una storia interessante, che ci aiuta a comprendere il vero significato – e con questo anche il vero sapore – di questo straordinario impasto.

Parleremo, però, anche della ricetta e dei suoi ingredienti, di come realizzare una pinsa a regola d’arte, con trucchi e suggerimenti, e di qualche golosa idea per condirla in modo creativo e gustoso. Scopriremo, infine, anche le differenze che la caratterizzano rispetto alla comune pizza napoletana e come, in qualche modo, la pinsa potrebbe essere definita un suo antenato: una convinzione abbastanza affermata, non solo tra i buongustai della Capitale!

* sopra i 3 anni

La storia della pinsa romana

Ma partiamo dalle basi: che cos’è una pinsa? Per chi non lo sapesse, si tratta di un impasto a lunga lievitazione, che si caratterizza per l'essere molto idratato e che si ottiene tramite un composto a base di uno speciale mix di farine, tra cui, oltre a quella di grano duro, anche la farina di riso e la farina di soia. Riconoscerete la pinsa per la sua particolare forma ovale: una sorta di pizza allungata, stretta ma bella alta: questa è la base, che può essere poi condita con gli ingredienti che più si preferiscono, a partire dall’intramontabile margherita, con pomodoro, mozzarella e basilico.

Quel che oggi vediamo sul banco di un qualsiasi fornaio romano, è un prodotto che esiste – molto probabilmente – da più di due millenni. Le origini della pinsa, infatti, sembrano risalire ai tempi dell’antica Roma. Questo impasto lievitato, dalla caratteristica forma allungata, era considerato già allora un piatto povero, ideale come pietanza “di recupero” per le famiglie contadine. Quest’ultime avevano a disposizione cereali come orzo, farro e miglio, acqua e farine grezze: tutti ingredienti che valevano ben poco al mercato cittadino; mescolati tra loro, però, diventavano un impasto gustoso e saporito, semplice da preparare e veloce da cuocere, che poteva riempire lo stomaco quando la fame si faceva sentire.

Interessante è anche il nome, che ovviamente deriva da una parola latina: pinsère, infatti, è un verbo che significa ‘allungare’, ‘schiacciare’; guarda caso, proprio ciò che è necessario fare con l’impasto di una pinsa. Ma la pinsa non era un’esclusiva delle famiglie umili, anzi nei banchetti dei romani era spesso presente come pane, usato per accompagnare pasti di più portate, specie quelli con intingoli e salse. Ne abbiamo una testimonianza già nell’Eneide di Virgilio, in cui il protagonista, Enea, affaticato dal lungo viaggio verso l’Italia, viene rifocillato con delle grandi focacce dalla forma allungata appena giunge tra i popoli laziali. Non è difficile immaginare che si parlasse, in questo caso, proprio delle prime pinse romane.

Evoluzione nel tempo e differenza con la pizza

Quel che è certo, però, è che nell’Eneide si parla di focaccia, mentre quella che conosciamo noi è una pinsa molto più simile all’attuale pizza napoletana, quindi provvista di condimenti e farciture, che si presenta come un piatto unico, non come un semplice pane d’accompagnamento. Questo vuol dire che nei secoli la pinsa ha certamente attraversato una lunga evoluzione, con cambiamenti sia negli ingredienti sia nell’utilizzo a tavola, prima di approdare alla gastronomia moderna.

Il particolare mix di farine che è usato attualmente e che rende la pinsa un prodotto di gran successo è ad esempio un’invenzione moderna: è merito di un pizzaiolo romano l’“invenzione” e la diffusione della ricetta che prevede un equilibrato mix di farina di frumento, di soia, di riso e – a volte – anche di kamut. A partire dagli anni Duemila, infatti, si assiste a Roma all’aperture di tante nuove pinserie, ovvero dei forni specializzati in pinse, in cui questo lievitato viene servito quasi a tutte le ore del giorno, con una vasta scelta di ingredienti da usare come farcitura.

L’impasto friabile, alto e morbido della pinsa è anche uno dei motivi che differenziano questo prodotto dalla pizza: la consistenza friabile, infatti, è una delle sue peculiarità. Anche la forma, come abbiamo detto, è un tratto distintivo della pinsa: allungata, ovale, invece che tonda come nella pizza; i suoi bordi croccanti, poi, sono molto diversi dal celebre cornicione. L’impasto della pinsa, inoltre, è molto idratato (contiene fino all’80% di acqua) e deve lievitare molto di più di quello della comune pizza, perché contiene meno lievito madre.

Come preparare la pinsa romana

Lo diremo subito: preparare la pinsa romana a regola d’arte non è tra le imprese più facili in cucina. C’è bisogno di molta pazienza, lunghi tempi di attesa per la lievitazione, un’attenzione particolare alle temperature e all’umidità, la scelta di ingredienti di prima qualità e il loro giusto dosaggio… ma siamo certi che, una volta che avrete provato a realizzare una buona pinsa fatta in casa, vi innamorerete di questo impasto lievitato e non potrete più farne a meno.

Iniziamo quindi dagli ingredienti: per realizzare una pinsa per sei persone, consigliamo di utilizzare un kg di farina, composto da un mix di farina di grano duro (800 g), farina di riso (150 g) e farina di soia (50 g). Per la lievitazione, si consiglia di usare 7 g di lievito di birra fresco, oppure 8 g di lievito di birra secco (mezza bustina). L’acqua, invece, sarà molta: circa 750 g, meglio se fredda di frigorifero, da usare insieme a 25 g di olio extravergine d’oliva. C’è chi aumenta l’acqua fino a un litro, diminuendo contestualmente anche la dose di olio, per una pinsa dal sapore ancora più leggero. Infine, il sale: ne occorrono circa 20 g, preferibilmente quello fino. Tenete inoltre un po’ di farina da parte per spolverizzare il piano su cui impastate.

L’impasto deve essere amalgamato con cura e ha bisogno di oltre 24 ore di lievitazione: calcolate quindi i tempi con largo anticipo. Ma vediamo nel dettaglio la ricetta canonica della pinsa romana.

Pinsa romana: ricetta classica

Per realizzare una buona pinsa, versate in una ciotola capiente il mix di farine, ben setacciate, e mescolatelo con il lievito fresco sbriciolato o con quello secco. Iniziate a versare l’acqua fredda, un po’ alla volta, impastando con le mani, e tenetene da parte gli ultimi 50 g. Lavorate poi l’impasto su un piano da lavoro, fino ad ottenere un impasto compatto e liscio: mettetelo quindi di nuovo nella ciotola e praticate tre tagli sulla superficie. In questi tagli verserete quindi l’olio e l’acqua restante, in cui avrete sciolto il sale. Lavorate di nuovo l’impasto per alcuni minuti, ripiegando i bordi verso l’interno e schiacciando l’impasto con il palmo della mano: otterrete un panetto ancora più liscio e compatto di quello precedente.

Ungete la ciotola e adagiatevi il panetto di impasto; coprite con della pellicola e lasciate lievitare in un ambiente caldo e al riparo dagli spifferi, fino al raddoppio del volume (circa 2 ore). Poi trasferite la ciotola in frigorifero: qui inizierà la maturazione dell’impasto, che deve durare almeno 24 ore (ma si può allungare fino a 48 ore, per rendere la pinsa ancora più fragrante). Trascorso il tempo di lievitazione, dividete l’impasto in 6 palle da circa 250 g ciascuna: cercate di non “smontare” la lievitazione, maneggiando troppo l’impasto. Lasciate lievitare i panetti per altre 4 ore a temperatura ambiente.

Siete quindi pronti per stendere l’impasto in forma ovale (ideale sarebbe raggiungere i 35 cm di lunghezza e i 20 di ampiezza). Per la cottura, potete utilizzare la pietra refrattaria, come si usa per la pizza napoletana fatta in casa. Basteranno 7 o 8 minuti in modalità grill, con il forno preriscaldato alla massima potenza, se usate la pietra refrattaria: estraete quindi le pinse e conditele come preferite. Infornate quindi per gli ultimi 3 minuti, giusto il tempo di far filare la mozzarella.

Pinsa romana con mortadella e pesto di pistacchi

Ora che conoscete la ricetta per una perfetta base per la pinsa, vorremmo darvi qualche consiglio per un condimento un po’ fuori dagli schemi, anche se si può farcire come una consueta pizza Margherita o una piacevole pizza capricciosa: sarà comunque buonissima.

La versione che vogliamo proporvi è quella della pinsa con mortadella e pesto di pistacchi: un abbinamento molto rodato, che ricorda le origini romane dell’impasto. Per questa farcitura, potete aggiungere alla Mozzarella Santa Lucia Galbani anche un’abbondante dose di Ricotta Santa Lucia, per dare ancora più morbidezza e cremosità alla farcitura, dal momento che non ci sarà salsa di pomodoro.

Usate anche una buona mortadella artigianale, da mettere a crudo, e un pesto di pistacchi realizzato con pistacchi, rucola e pinoli, e un filo d’olio d’oliva. In caso avanzasse qualche ingrediente, potete utilizzarlo il giorno dopo per dei buonissimi rigatoni con pesto di pistacchi, mozzarella e pomodori secchi.

Pinsa romana con spinaci e mozzarella

Se invece volete optare per una ricetta furba, con cui riciclare alcuni ingredienti che giacciono in frigo da un po’, oppure semplicemente cercate un condimento svuotafrigo, optate per una buona pinsa con spinaci e mozzarella. Usate della buona Mozzarella Cucina Santa Lucia, che fila alla perfezione e non rilascia acqua in cottura, e date sapore con degli spinaci ripassati in padella, insieme a olio, aglio e peperoncino.

Potete usare gli spinaci surgelati o quelli già cotti per un’altra ricetta. Come sempre aggiungete spinaci e mozzarella solo alla fine della cottura della pinsa, durante gli ultimi 2-3 minuti in forno, con la modalità grill. Quando la mozzarella sarà sciolta a dovere, tirate fuori la pinsa dal forno e lasciatela intiepidire un paio di minuti: gustatevi la vostra pinsa da soli o in compagnia!

Se volete una farcitura più sfiziosa e gourmet, ma utilizzando questi stessi ingredienti, aggiungete anche qualche patata lessa tagliata a fette, della scamorza dolce o affumicata e, alla fine della cottura, qualche scaglia di tartufo nero: una vera bontà!

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