Differenza tra baccala e stoccafisso

Con stoccafisso e baccalà si preparano tanti piatti della cucina italiana, dai più semplici ai più elaborati, ma tutti gustosi, profumati e deliziosi. Anche se in tanti li mangiano, però, non tutti conoscono l’origine dei loro ingredienti: capita infatti che in molti facciano confusione tra i due cibi.

Ma qual è la differenza tra baccalà e stoccafisso? La materia prima di entrambi è il merluzzo, ma il loro processo di preparazione è molto diverso. Ecco quali sono le particolarità dell’uno e dell’altro, alcuni consigli di preparazione e qualche buona ricetta per servire dei piatti di baccalà o di stoccafisso da leccarsi i baffi.

Cos’è lo stoccafisso e come si prepara

Lo stoccafisso, contrariamente a quanto pensano in molti, non è una specie di pesce, ma del semplice merluzzo nordico essiccato. Anche altre tipologie di pesce si conservano allo stesso modo da secoli, ma solo lo stoccafisso ha conosciuto tanta popolarità da assumere persino una denominazione a sé stante.

Il termine “stoccafisso” deriva, in particolare, dalle antiche lingue nordiche: in norvegese (“stokkfisk”) e in olandese (“stocvisch”) significava “pesce bastone”; a noi, probabilmente, la parola è giunta per il tramite dell’inglese “stockfish”, ossia “pesce da scorta”, in riferimento alle possibilità di un lungo mantenimento offerto dall’essicazione, pratica molto diffusa anticamente soprattutto tra i vichinghi, nei Paesi del nord.

In Italia è detto anche “stocco” o “pesce stocco” in alcune varietà di italiano regionale, per esempio in Sicilia, dove lo stoccafisso è diffuso dalle dominazioni normanne nel medioevo fino al presente; in Veneto e nel Triveneto, invece, è detto semplicemente “baccalà” (o, per essere più precisi, “bacalà”), anche se di fatto baccalà e stoccafisso, come vedremo, sono due preparazioni differenti. E, per quanto la notizia sia sorprendente, questo pesce nordico trova proprio negli italiani alcuni dei suoi consumatori principali: circa i due terzi dello stoccafisso prodotto in Norvegia vengono esportati infatti verso il nostro Paese.

La preparazione dello stoccafisso a partire dal merluzzo consiste in un procedimento piuttosto lungo e complesso. Non appena il pesce è stato pescato, viene pulito, eviscerato (vengono tolti cuore, fegato, interiora), lavato e immediatamente preparato per l’essicazione: il primo passo consiste nel tagliare il pesce a metà, praticando un taglio che segue la spina, e aprendolo a libro. In seguito, il merluzzo viene appeso e lasciato steso all’aria nei mesi primaverili: in quel periodo dell’anno il clima scandinavo è secco e poco sopra lo zero, e favorisce in questo modo l’essiccazione, senza che il pesce si congeli.

Il processo di essicazione, però, prevede diverse fasi di stagionatura e maturazione. Dopo l’esposizione all’aria aperta su apposite rastrelliere nei mesi primaverili, segue un periodo di circa tre mesi in un luogo chiuso e arieggiato. Alla fine, il merluzzo ha perduto la gran parte della sua componente liquida, e si presenta dunque rigido e secco, pur conservando tutto il suo sapore deciso e l’aspetto esteriore del merluzzo. Per poter essere consumato dovrà venire reidratato e trattato in conformità con la ricetta.

Quando viene acquistato, lo stoccafisso deve quindi subire una reidratazione di qualche tipo. Ne esistono varie tipologie: una delle più celebri è quella del lutefisknorvegese e svedese, un piatto a base di stoccafisso al forno. La ricetta del lutefisk prevede infatti un ammollo di circa due settimane in una soluzione con una piccola percentuale di soda caustica, che ne ammorbidisce le carni fino a renderle tenere e quasi gelatinose. La soda caustica, naturalmente, deve poi essere lavata via tramite numerosi ammolli, al termine dei quali il pesce può essere preparato in pochi minuti nel forno di casa.

Tuttavia, l’ammollo dello stoccafisso è una operazione che può essere fatta anche in maniera molto più semplice (e sicura!) nelle nostre case. Richiede di seguire una serie di passaggi non complessi, ma sicuramente piuttosto lunghi: il tempo complessivo per la reidratazione dello stoccafisso, in media, va da un giorno e mezzo a due giorni e mezzo, a seconda della disponibilità e della tipologia di pesce acquistato. Si tratta, in gran parte, di tempo in cui lo stoccafisso dev’esser lasciato soltanto a riposare: nondimeno, sarà necessario pensarci con un certo anticipo quando si vuole preparare una ricetta a base di stoccafisso.

Ma come si fa a preparare lo stoccafisso per tutte le ricette? Innanzitutto, è consigliabile eliminare la vescica natatoria del pesce, o budello: è una parte che può essere conservata e anche utilizzata in cottura, ma sicuramente tende a sporcare l’acqua di ammollo e contribuisce a rilasciare un odore poco piacevole di pesce, quindi è meglio metterla da parte prima di ammollare lo stoccafisso.

Lo stoccafisso, comunque, deve essere inserito integro in un contenitore pieno di acqua fredda. La quantità di acqua deve essere sufficiente a coprirlo interamente per tutta la sua lunghezza e dimensione. Il contenitore va poi conservato in frigorifero per due ore; se fosse troppo largo per il vostro frigo, e se fuori le temperature sono attorno ai 4°-6° gradi, potete anche lasciarlo all’aperto, avendo cura di coprirlo. Trascorse le due ore, sciacquate il vostro stoccafisso, cambiate l’acqua e riponetelo di nuovo nello stesso contenitore, ben coperto, di nuovo in frigorifero o all’esterno. In seguito, l’acqua deve essere cambiata ogni otto ore circa, per un totale di almeno cinque ricambi complessivi; regolatevi comunque un po’ a occhio e tastando le carni per verificare la reidratazione, visto che questa potrebbe cambiare in base a moltissime variabili.

Una volta terminata la fase di ammollo, lo stoccafisso può essere utilizzato normalmente nelle vostre ricette, come se fosse un merluzzo appena pescato. Nel frattempo, conservatelo sempre in frigorifero. Evitate di congelarlo una volta ammollato, ove possibile: piuttosto, calcolate prima la quantità corretta da ammollare.

Le differenze tra baccalà e stoccafisso

Complice anche l’utilizzo del termine veneto “bacalà” per “stoccafisso” nelle due ricette del baccalà alla vicentina e del baccalà mantecato, tra i due termini si fa spesso confusione. Qual è la differenza tra baccalà e stoccafisso? Quale dei due è corretto per indicare il merluzzo essiccato? Qual è il termine giusto, e che cosa significa l’altro?

Innanzitutto, occorre dire che entrambi i termini, sia baccalà che stoccafisso, stanno a indicare una particolare preparazione del merluzzo. In ambedue i casi si tratta di un merluzzo nordico, più nello specifico quello delle varietà norvegesi, che viene pulito, aperto e lavato immediatamente, il più delle volte direttamente dai pescatori a bordo dei pescherecci. Quello che diversifica i due alimenti, in realtà, è in primo luogo la tipologia di lavorazione cui vengono sottoposti.

Lo stoccafisso, come abbiamo visto, subisce un processo di essicazione, che si svolge dapprima all’aperto e poi al chiuso, secondo precise tempistiche e un metodo molto antico. Non sono previste aggiunte di aromi o di altre sostanze, se non in fasi successive all’essicazione, e preventive alla preparazione della ricetta. L’efficacia della lavorazione dello stoccafisso deriva dalle peculiarità climatiche della Norvegia, dove nella stagione primaverile e in quella estiva agisce l’effetto combinato di freddo, sole e vento, che impedisce il formarsi di ghiaccio.

Il baccalà, invece, non è un merluzzo essiccato, bensì il medesimo pesce che passa per un procedimento di salatura della durata di diverse settimane. Come per l’essiccazione, anche la salagione è un antico metodo per conservare più a lungo gli alimenti attraverso la rimozione dell’acqua. In particolare, la lavorazione del baccalà comincia, come quella del merluzzo, con la pulitura e il lavaggio in acqua corrente, e segue subito la fase di salatura: il pesce, una volta aperto, viene posto in botti o casse e coperto con il sale. Il merluzzo salato viene poi spostato e girato all’incirca una o due volte a settimana, così da rilasciare completamente la sua acqua attraverso l’intera superficie esterna. Trascorso il tempo previsto, che va da due settimane a un mese, il baccalà è pronto per essere estratto dal sale, selezionato, controllato e venduto.

Naturalmente, ci sono anche altre differenze: anche se in entrambi i casi si utilizza il merluzzo dell’Atlantico, le specie di merluzzo sono diverse. Per lo stoccafisso viene impiegato soltanto il Gadus Morhua, un merluzzo dalla lunghezza di circa 150-200 cm, e in particolare la qualità più pregiata pescata presso l’arcipelago di Lofoten, in Norvegia; invece, per il baccalà si può utilizzare anche il Gadus Macrocephalus, che ha dimensioni più ridotte (circa 1 m).

In più, cambiano anche i periodi di produzione dello stoccafisso e del baccalà. Come abbiamo detto, infatti, lo stoccafisso necessità di determinate condizioni climatiche per essere preparato: solo tra l’inizio e della primavera e l’inizio dell’estate, infatti, in Norvegia vi sono contemporaneamente una buona temperatura, un vento non eccessivo e il sole costante. In questo modo lo stoccafisso può asciugarsi alla perfezione, senza andare a male, solo se preparato durante quella stagione. Il baccalà, invece, viene asciugato tramite il sale, non la temperatura o l’aria: questo significa che può essere lavorato indifferentemente all’aperto o al chiuso, e dunque è prodotto per tutto il corso dell’anno.

Sia la differenza nelle specie di pesce che la differenza del metodo di preparazione fanno sì che stoccafisso e baccalà abbiano sapore, aspetto e consistenza ben distinti. Lo stoccafisso crudo si presenta molto più secco del baccalà, che invece mostra la caratteristica porosità della carne sottoposta a salagione; una volta ammollati e cotti, naturalmente, entrambi i cibi riacquistano una certa percentuale di acqua, ma mentre il baccalà offre delle carni con una consistenza compatta e morbida, lo stoccafisso rimane più duro e quasi gommoso, tanto da offrire una certa resistenza alla masticazione. Anche il sapore dello stoccafisso è leggermente più ruvido, più vicino a quello del merluzzo, mentre il baccalà tende ad essere più delicato e ad avere un gusto più leggero.

Lo stoccafisso in cucina

Oltre che in Norvegia, anche da noi la preparazione dello stoccafisso ha radici antiche ed è molto comune in tantissime zone d’Italia. Gli esempi più celebri sono sicuramente le ricette veneziane con lo stoccafisso, e sono il baccalà alla vicentina e il baccalà mantecato. Quest’ultimo, simile al merluzzo mantecato, consiste in una preparazione dello stoccafisso quasi a crema, che permette di servirlo sia come antipasto, tra i migliori antipasti di pesce freddi, sia come secondo piatto.

Per preparare ilbaccalà mantecato servono pochi e semplici ingredienti: circa mezzo chilo di stoccafisso già ammollato per alcuni giorni; 100 ml di latte; 200 ml di olio; sale; pepe e aglio

Innanzitutto occorre portare a bollore lo stoccafisso in abbondante acqua, e farlo bollire per pochi minuti, lasciandolo poi a raffreddare nella stessa acqua. Una volta freddo, il pesce va sgocciolato, ripulito dalle spine, dalla pelle e dalle pinne, e frantumato con le mani in pezzetti di piccole dimensioni. Quindi va frullato assieme alla pelle; quando i frammenti sono ben amalgamati, continuando a frullare, bisogna versare a filo il latte e l’olio, possibilmente alternati, per formare una sorta di emulsione. Lo stoccafisso è pronto quando è diventato cremoso, umido e ben amalgamato e avrà assorbito i liquidi. A questo punto non vi resta che aggiungere il sale e il pepe secondo i vostri gusti, e poi lasciar riposare il baccalà mantecato per qualche ora. Servitelo freddo assieme a qualche fetta di polenta grigliata (meglio se bianca).

Se invece volete gustare un ottimo baccalà alla vicentina, invece, la preparazione sarà più lunga, ma non molto più complessa. Certo vi servirà qualche ingrediente in più: per mezzo chilo abbondante di stoccafisso vi occorreranno 300 grammi di cipolle bianche; 250 grammi di latte; 200 grammi di olio; farina; due o tre sarde; un po’ di formaggio grattugiato; prezzemolo; sale e pepe; un po’ di aceto o vino

Dovete innanzitutto ammollare lo stoccafisso secondo le istruzioni perché diventi lavorabile; quindi pulitelo, eliminando la lisca e la pelle, tagliatelo in pezzi di circa 10 cm e infarinatelo. A parte preparate le cipolle: pulitele, tagliatele a fettine e fatele rosolare nella pentola con un po’ di olio, le sarde a pezzi e il prezzemolo. Dopo qualche minuto aggiungete lo stoccafisso, fatelo rosolare un po’ e sfumate con poco vino o aceto bianco. Ora aggiungete il latte, l’olio restante, il formaggio, il sale e il pepe, quindi coprite e lasciate cuocere a fuoco lento per almeno due o tre ore, fin quando il baccalà non si rompe e si forma una sorta di crema o sughetto bianco. Servitelo ben caldo con qualche fetta di polenta.

Non si possono non citare, però, altre due ricette regionali con lo stoccafisso, ormai diventate celebri in tutta la penisola. La prima è lo stoccafisso all’anconetana, preparato con le patate e le olive. Per farlo occorre, innanzitutto, ammollare lo stoccafisso, tagliarlo a pezzi e lasciarlo a marinare per qualche ora nel latte. Nel frattempo, preparate un trito misto di cipolle, aglio, prezzemolo, rosmarino e un po’ di acciughe dissalate; aggiungete poi abbondante olio extravergine, un po’ di aceto bianco, sale e pepe. Mettete in pentola lo stoccafisso, la salsa che avete preparato, olive e pomodoro a piacere, e le patate tagliate a fette grosse. Cuocete a fiamma media per una ventina di minuti, poi a fiamma bassa per almeno tre ore, togliendo il coperchio solo alla fine e senza mescolare. Servite ben caldo in un piatto fondo.

La seconda ricetta è tipica delle zone siciliane e calabresi, ed è nota in genere col nome di stocco alla messinese (o stoccafisso alla ghiotta): è un piatto molto antico, che fonde il gusto del merluzzo norvegese con i sapori locali. Per prepararlo, fate soffriggere una cipolla tagliata a fettine in una padella, aggiungete poi sedano, olive, capperi, qualche cucchiaio di pinoli e uvetta e un paio di pere sbucciate e tagliate a pezzetti (la ricetta vuole l’uso della varietà spinella). Dopo qualche minuto unite 200-250 grammi di pelati a pezzetti e fate cuocere ancora un po’; poi, aggiungete 700-800 grammi di stoccafisso (già ammollato e tagliato a pezzi) con circa mezzo litro di acqua calda, e fate cuocere a fuoco basso per una quarantina di minuti. Aggiungete poi mezzo chilo di patate tagliate a pezzi grossi, regolate di sale e peperoncino e continuate la cottura per altri tre quarti d’ora. Quando il sugo si è un po’ ristretto, potete servire lo stocco.

Il baccalà in cucina

Come lo stoccafisso, anche il baccalà si prepara in tantissime versioni, sulla base di una gran quantità di ricette regionali italiane: baccalà con i porri, fritto, al forno, in umido, crocchette di baccalà e tantissime altre gustose ricette. Anche se in tanti lo utilizzano ancora in sostituzione dello stoccafisso, il baccala possiede, come abbiamo visto, delle caratteristiche sue proprie di gusto e consistenza, che lo rendono unico e ben distinguibile dallo stoccafisso.

Se vi state chiedendo come cucinare il baccalà, vi diamo subito qualche esempio. Il primo è il brandacujun, un piatto ligure dal nome insolito e ironico, che richiama il gesto dell’agitare la pentola al termine della preparazione: una vera curiosità locale. Per il brandacujun occorrono mezzo chilo di baccala già dissalato e ammollato; mezzo chilo di patate; aglio; olio extravergine di oliva; prezzemolo; limone; sale e pepe

Bisogna innanzitutto preparare il baccalà, che deve essere sciacquato, asciugato utilizzando della carta assorbente, ripulito eliminando le lische e la pelle, tagliato a tocchetti di circa 10 o 15 cm e infine bollito in acqua non salata per circa 10 minuti.

In un’altra pentola, lessate anche le patate, tagliate a pezzi grossi, per almeno mezz’ora; quindi scolatele e, nella stessa pentola, schiacciatele con la forchetta; poi unite il baccalà, anch’esso spezzettato, con dell’olio, un po’ di prezzemolo tritato con l’aglio, una spruzzata di succo di limone, e sale e pepe a piacere. Nella ricetta antica del brandacujun, a questo punto bisognerebbe chiudere bene il coperchio e mescolare agitando la pentola, fino a che gli ingredienti non si mescolino tra loro formando una crema; per velocizzare e rendere più semplice il tutto, si può tranquillamente spezzettare utilizzando una forchetta (ma non un frullatore, poiché sia le patate che il baccalà devono essere in parte amalgamati ma in parte anche solo spezzettati). A questo punto si può riscaldare il composto se si è raffreddato nel frattempo, e servire, magari accomodato su un letto di polenta fumante.

Questo è solo uno dei tanti modi di assaporare il baccalà. Un’altra idea, per un primo piatto sfizioso in cui si avverte bene il gusto del pesce, è quella delle linguine con vongole e baccalà. Per la ricetta vi serviranno, per ogni persona, 100 grammi di linguine; 50 grammi di baccala già ammollato; 200 grammi di vongole; mezzo spicchio di aglio; olio; limone; sale e pepe

In primo luogo dovete lessare il baccalà in abbondante acqua non salata per circa mezz’ora; poi scolatelo e rompetelo in maniera grossolana con una forchetta. In una padella fate rosolare per un minuto l’aglio in abbondante olio di oliva extravergine, poi aggiungete le vongole e lasciatele aprire tutte con la cottura; una volta aperte, toglietele dal loro guscio, conservandone però alcune con il guscio per la decorazione. Poi fate saltare le vongole con il baccala per alcuni minuti, sfumando a piacere con un po’ di vino o aggiungendo un po’ di acqua se si asciugano troppo. Intanto cuocete le linguine, scolatele al dente e mettetele per un minuto nella pentola con il pesce, completando la cottura a fuoco alto. A fuoco spento aggiungete poco succo di limone, e poi impiattate.

Se anziché un primo piatto volete cucinare un piatto unico, da gustare per un bel pranzo domenicale, provate la parmigiana di baccalà, una rivisitazione della tipica parmigiana dal colore vivace e dal gusto stuzzicante. Per la parmigiana utilizzate due melanzane viola di medie dimensioni; circa un chilo di baccalà in filetti; tre etti di Galbanino; due etti di pomodorini pachino; capperi; olive; aglio; formaggio grattugiato; olio extravergine di oliva; prezzemolo; sale e pepe

La preparazione non è complessa: vi basterà cuocere a parte gli ingredienti e poi riunirli per formare la parmigiana. Iniziate dal sugo: per farlo dovete far soffriggere in abbondante olio di oliva l’aglio, le olive e i capperi; dopo un minuto aggiungete i pomodorini tagliati a metà con un po’ di prezzemolo tritato, regolate di sale e pepe e lasciate cuocere per un quarto d’ora circa. Poi, preparate le melanzane: vi basta tagliarle a fette alte circa mezzo centimetro, passarle nella farina e friggerle nell’olio; se volete, potete prima farle spurgare in un colapasta con una manciata di sale, così che perdano il gusto amaro. Per ultimo, lessate il baccalà in abbondante acqua non salata per una decina di minuti.

Quindi componete la parmigiana: alternate le melanzane, il baccalà, le fettine di Galbanino sottile e il sugo; il numero di strati è a piacere, ma l’importante è terminare con abbondante sugo e formaggio grattugiato. Quindi mettete tutto in forno a 190°, dove il piatto va cucinato per circa mezz’ora.

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