Lo stoccafisso, contrariamente a quanto pensano in molti, non è una specie di pesce, ma del semplice merluzzo nordico essiccato. Anche altre tipologie di pesce si conservano allo stesso modo da secoli, ma solo lo stoccafisso ha conosciuto tanta popolarità da assumere persino una denominazione a sé stante.
Il termine “stoccafisso” deriva, in particolare, dalle antiche lingue nordiche: in norvegese (“stokkfisk”) e in olandese (“stocvisch”) significava “pesce bastone”; a noi, probabilmente, la parola è giunta per il tramite dell’inglese “stockfish”, ossia “pesce da scorta”, in riferimento alle possibilità di un lungo mantenimento offerto dall’essicazione, pratica molto diffusa anticamente soprattutto tra i vichinghi, nei Paesi del nord.
In Italia è detto anche “stocco” o “pesce stocco” in alcune varietà di italiano regionale, per esempio in Sicilia, dove lo stoccafisso è diffuso dalle dominazioni normanne nel medioevo fino al presente; in Veneto e nel Triveneto, invece, è detto semplicemente “baccalà” (o, per essere più precisi, “bacalà”), anche se di fatto baccalà e stoccafisso, come vedremo, sono due preparazioni differenti. E, per quanto la notizia sia sorprendente, questo pesce nordico trova proprio negli italiani alcuni dei suoi consumatori principali: circa i due terzi dello stoccafisso prodotto in Norvegia vengono esportati infatti verso il nostro Paese.
La preparazione dello stoccafisso a partire dal merluzzo consiste in un procedimento piuttosto lungo e complesso. Non appena il pesce è stato pescato, viene pulito, eviscerato (vengono tolti cuore, fegato, interiora), lavato e immediatamente preparato per l’essicazione: il primo passo consiste nel tagliare il pesce a metà, praticando un taglio che segue la spina, e aprendolo a libro. In seguito, il merluzzo viene appeso e lasciato steso all’aria nei mesi primaverili: in quel periodo dell’anno il clima scandinavo è secco e poco sopra lo zero, e favorisce in questo modo l’essiccazione, senza che il pesce si congeli.
Il processo di essicazione, però, prevede diverse fasi di stagionatura e maturazione. Dopo l’esposizione all’aria aperta su apposite rastrelliere nei mesi primaverili, segue un periodo di circa tre mesi in un luogo chiuso e arieggiato. Alla fine, il merluzzo ha perduto la gran parte della sua componente liquida, e si presenta dunque rigido e secco, pur conservando tutto il suo sapore deciso e l’aspetto esteriore del merluzzo. Per poter essere consumato dovrà venire reidratato e trattato in conformità con la ricetta.
Quando viene acquistato, lo stoccafisso deve quindi subire una reidratazione di qualche tipo. Ne esistono varie tipologie: una delle più celebri è quella del lutefisknorvegese e svedese, un piatto a base di stoccafisso al forno. La ricetta del lutefisk prevede infatti un ammollo di circa due settimane in una soluzione con una piccola percentuale di soda caustica, che ne ammorbidisce le carni fino a renderle tenere e quasi gelatinose. La soda caustica, naturalmente, deve poi essere lavata via tramite numerosi ammolli, al termine dei quali il pesce può essere preparato in pochi minuti nel forno di casa.
Tuttavia, l’ammollo dello stoccafisso è una operazione che può essere fatta anche in maniera molto più semplice (e sicura!) nelle nostre case. Richiede di seguire una serie di passaggi non complessi, ma sicuramente piuttosto lunghi: il tempo complessivo per la reidratazione dello stoccafisso, in media, va da un giorno e mezzo a due giorni e mezzo, a seconda della disponibilità e della tipologia di pesce acquistato. Si tratta, in gran parte, di tempo in cui lo stoccafisso dev’esser lasciato soltanto a riposare: nondimeno, sarà necessario pensarci con un certo anticipo quando si vuole preparare una ricetta a base di stoccafisso.
Ma come si fa a preparare lo stoccafisso per tutte le ricette? Innanzitutto, è consigliabile eliminare la vescica natatoria del pesce, o budello: è una parte che può essere conservata e anche utilizzata in cottura, ma sicuramente tende a sporcare l’acqua di ammollo e contribuisce a rilasciare un odore poco piacevole di pesce, quindi è meglio metterla da parte prima di ammollare lo stoccafisso.
Lo stoccafisso, comunque, deve essere inserito integro in un contenitore pieno di acqua fredda. La quantità di acqua deve essere sufficiente a coprirlo interamente per tutta la sua lunghezza e dimensione. Il contenitore va poi conservato in frigorifero per due ore; se fosse troppo largo per il vostro frigo, e se fuori le temperature sono attorno ai 4°-6° gradi, potete anche lasciarlo all’aperto, avendo cura di coprirlo. Trascorse le due ore, sciacquate il vostro stoccafisso, cambiate l’acqua e riponetelo di nuovo nello stesso contenitore, ben coperto, di nuovo in frigorifero o all’esterno. In seguito, l’acqua deve essere cambiata ogni otto ore circa, per un totale di almeno cinque ricambi complessivi; regolatevi comunque un po’ a occhio e tastando le carni per verificare la reidratazione, visto che questa potrebbe cambiare in base a moltissime variabili.
Una volta terminata la fase di ammollo, lo stoccafisso può essere utilizzato normalmente nelle vostre ricette, come se fosse un merluzzo appena pescato. Nel frattempo, conservatelo sempre in frigorifero. Evitate di congelarlo una volta ammollato, ove possibile: piuttosto, calcolate prima la quantità corretta da ammollare.