Tipi di formaggi

Quello del formaggio è un mondo profondamente affascinante e pieno di storia: le numerose tecniche di lavorazione del latte impiegate per realizzare questo alimento affondano le proprie radici in epoche lontane, ricoprendo ancora oggi un ruolo di fondamentale importanza all’interno della cultura gastronomica italiana e mondiale.

Il formaggio è un ingrediente dall’incomparabile versatilità, che si presta a donare un tocco di gusto a piatti semplici e veloci da preparare, ma allo stesso tempo a solleticare i palati più sofisticati.

C’è chi ama servire il formaggio come antipasto, come farcitura per deliziosi panini, come base per ricette molto elaborate o semplicemente tagliato a fette e portato in tavola come piatto forte, magari abbinato a confetture di frutta o miele. Una cosa è certa: da Nord a Sud, le proposte casearie italiane sono davvero moltissime. Gorgonzola, mozzarella, stracchino, fontina,provolone, caciotta e robiola sono solo alcuni dei tipi di formaggi più conosciuti: in base al tipo di latte utilizzato e alle differenti lavorazioni è infatti possibile dare vita ad una considerevole varietà di prodotti e spesso anche molto diversi tra loro, tutti da scoprire e da gustare.

Grazie alla serietà e alla passione dei produttori presenti sul territorio italiano, siano essi artigianali o industriali, chiunque può trovare il formaggio perfetto per i propri gusti e per le proprie necessità. Che i formaggi non siano tutti uguali è quindi risaputo, ma cosa rende ciascuna forma particolare e quali sono i principali criteri di suddivisione di questi gustosi alimenti? Se siete curiosi di intraprendere un avvincente viaggiogastronomico nella cultura casearia italiana, in questa sezione potrete trovare tutti i segreti riguardanti la produzione dei formaggi vaccini e non più celebri ed amati, oltre che alcuni consigli su come utilizzarli in cucina ed ottenere piatti dal successo assicurato.

La lavorazione del formaggio

Al pari dei latticini, anche il formaggio è un derivatodellatte. Esso dunque, al pari della panna, del burro e dello yogurt, nasce da specifiche tecniche di lavorazione del latte. In base al tipo di formaggio che si intende realizzare, ciascun latte può essere inoltre sottoposto a scrematura parziale o totale, oppure essere lavorato così com’è, ovvero intero.

Secondo la legge italiana infatti, il nome “formaggio” o “cacio” è riservato al prodotto che si ricava dal latte vaccino intero o parzialmente o totalmente scremato, oppure dalla crema di latte, in seguito ad un procedimento denominato “coagulazione” ottenuto tramite l’inoculazione di fermenti e/o di sale da cucina. Il latte utilizzato per produrre i formaggi può però essere anche di pecora, di capra o di bufala: in questo caso, accanto al termine formaggio, andrà sempre specificata la specie animale dalla quale viene munto il latte.

Le principali fasidilavorazione che consentono di realizzare il formaggio a partire dal latte sono le seguenti:

  • preparazione del latte
  • aggiunta di fermenti
  • coagulazione (acida o presamica)
  • rottura della cagliata
  • cottura
  • estrazione della cagliata
  • messa in forma
  • salagione
  • stagionatura o maturazione

Il primo passaggio è quindi rappresentato dalla lavorazione del latte. Quest’ultimo può infatti essere sottoposto alla coagulazione sia allo stato crudo sia dopo essere stato pastorizzato. La pastorizzazione altro non è che una cottura effettuata ad una temperatura di circa 70°, solitamente utilizzata per produrre i formaggi freschi, i quali richiedono un preventivo abbattimento degli agenti patogeni presenti nel latte. Il secondo passaggio consiste poi nell’inserimento all’interno del latte crudo o pastorizzato di alcuni microrganismi come enzimi (caglio), batteri o funghi: grazie all’azione metabolica di questi ultimi, può avere avvio il processo di coagulazione delle caseine.

Quando si aggiunge al latte il caglio, una sostanza ottenuta dallo stomaco di vitelli, agnelli o capretti, alcune proteine del latte, le caseine, si scompongono dalla parte liquida del latte (il siero) coagulandosi in una massa solida. Tale massa è conosciuta con il nome di “cagliata”, e costituisce la base per la preparazione di tutti i formaggi. Per facilitare l’eliminazione del siero residuo e ridurre ulteriormente la quantità di liquidi presenti nella cagliata, quest’ultima viene sottoposta a rottura: ciò avviene inserendo in ciascun recipiente alcuni strumenti a maglia metallica, i quali scompongono la cagliata in piccoliframmenti.

La cagliata frammentata viene poi estratta dal siero e inserita in appositi stampi: essi presentano già in questo passaggio la forma e la dimensione del tipo di formaggio che si intende produrre. In questa fase, alcune cagliate sono sottoposte a pressatura, in modo da conferire al formaggio la giusta forma e compattezza. È a questo punto che il formaggio viene salato: la salagione può avvenire per immersione in salamoia o a secco, ovvero cospargendo l’esterno della forma con sale grosso. Questo passaggio è fondamentale per avviare il processo di formazione della crosta del formaggio, che verrà poi rivestita con olio di lino, paraffina o plastica.

Infine, vi è il processo di maturazione: per ottenere la giusta consistenza e l’aspetto tipici di ciascun formaggio è necessario lasciar riposare la cagliata per un periodo di tempo prestabilito. Per i formaggi freschi sono necessari pochi giorni, mentre per i formaggistagionati la maturazione può durare finoa3anni.

La classificazione dei formaggi

Come vi sarà capitato di notare, passeggiando per i mercati della città o curiosando tra i banchi frigo dei supermercati è possibile imbattersi in formaggi dalle forme e dalle consistenze più disparate. Fortunatamente, esistono diversi modi per riconoscere più facilmente i formaggi e capire come utilizzarli al meglio in cucina in base alle loro caratteristiche.

Immaginate di voler preparare una ricetta gustosa come per esempio dei flan di zucchine. Nell’eventualità in cui non riusciste a reperire il formaggio indicato nella ricetta, in questo caso il Gorgonzola D.O.P Dolcelatte Galbani, sareste in grado di sostituirlo con un’alternativa adeguata? Se la risposta è no, non preoccupatevi: in questo paragrafo vi aiuteremo a capire meglio i criteri di classificazione dei formaggi. Il Gorgonzola infatti, altro non è che un formaggio vaccino, erborinato, a pasta molle o semidura. Esso può essere facilmente sostituito con il Castelmagno, ma anche con il Bleu o il Roquefort, che per quanto prodotti in aree geografiche differenti presentano caratteristiche piuttosto simili a quelle del Gorgonzola.

Per fare un po’ di chiarezza, cominciamo con il dire che nonostante nel linguaggio comune si sia portati a far rientrare nella stessa categoria formaggi e latticini, questi ultimi non sono in realtà la stessa cosa. Per parlare di formaggi infatti, è necessario che nelle prime fasi di lavorazione del latte avvenga il cosiddetto processo di coagulazione delle caseine. Tutti i derivati del latte che non sono sottoposti a questo procedimento (burro, panna, e in alcuni casi lo yogurt) fanno parte della categoria dei latticini. I formaggi possono invece essere essere classificati:

  1. in base al tipo di latte utilizzato (formaggio vaccino, caprino, pecorino, bufalino o misto);
  2. In base al trattamento termico del latte prima della coagulazione (formaggio a latte crudo o pastorizzato);
  3. in base al contenuto di grassi presente nel prodotto finito (formaggio grasso, semigrasso, magro);
  4. In base alla consistenza della pasta (formaggio a pasta molle, semidura o dura);
  5. In base alla temperatura di lavorazione della pasta (formaggio a pasta cruda, semicotta o cotta);
  6. In base al tipo di lavorazione della pasta (formaggio a pasta erborinata, filata, pressata o fusa);
  7. In base al tipo di crosta (fiorita, lavata, affumicata);
  8. In base al tempo di stagionatura (formaggi freschi, a stagionatura media o a stagionatura lenta);

Ciascuna classificazione risulta utile per scopi differenti: nel caso in cui aveste intenzione di intraprendere una particolare dieta, potrebbe infatti fare al caso vostro saper suddividere i formaggi in magri, semigrassi o grassi.

I primi contengono solitamente una percentuale di grassi inferiore o pari al 20%, e sono spesso indicati in commercio con il nome di formaggi “light”. Tra i formaggi magri più diffusi rientrano per esempio la scamorza affumicata, diversi tipi di formaggi caprini, la feta greca e il primo sale. I formaggi semigrassi invece, contengono una percentuale di grassi compresa tra il  35% e il 42%: un esempio noto di questa tipologia è costituito dall’Asiago D.O.P. La maggior parte dei formaggi rientra tuttavia nella categoria dei formaggi grassi, i quali contengono una percentuale grassa superiore al 42%. Esempi noti sono il Brie, il caciocavallo, il Camembert, la Fontina, il Gorgonzola e lo stracchino.

Se il vostro interesse principale è invece quello di realizzare deliziosi antipasti, primi piatti, secondi o dessert utilizzando i formaggi più adeguati, ma anche solo accompagnarli con un contorni adeguati, vi consigliamo di concentrarvi su fattori come il tipo di latte utilizzato, la consistenza della pasta e la stagionatura. Vediamo quindi ciascuna categoria più nel dettaglio.

Tipi di formaggi in base al latte utilizzato

Parlando di tipi di latte utilizzati per la realizzazione del formaggio è impossibile non partire da quello vaccino: esso rappresenta infatti il tipo di latte maggiormente diffuso in Italia, probabilmente grazie al suo sapore più delicato ed avvolgente rispetto a quello di provenienza caprina o ovina. Tra i formaggi prodotti con latte vaccino è possibile rintracciare moltissime denominazioni illustri legate alla cultura gastronomica italiana, utilizzate come ingredienti per ricette irresistibili quali pizza, pasta alla carbonara, gnocchi alla bava e tiramisù.

Le regioni del Nord producono numerosi formaggi a partire dal latte proveniente dalla mungitura della mucca: in Valled’Aosta per esempio, viene prodotta la famosa fontina, un formaggio dalla consistenza morbida e fondente ideale per realizzare i deliziosi voul-au-vent con fonduta.

In Piemonte è molto diffusa la TomaPiemontese D.O.P, un formaggio vaccino caratterizzato da una pasta dura o semidura spesso servito durante festosi aperitivi o come guarnizione per la pasta fresca ripiena, come ravioli e agnolotti. Anche il Castelmagno è un formaggio vaccino tipico del Piemonte, protagonista di un primo piatto dal gusto sofisticato: gli gnocchi al Castelmagno e noci.

La Lombardia propone formaggi contraddistinti da diversi tipi di stagionatura, come il morbido GorgonzolaD.O.P, lo stracchino, il mascarpone e il taleggio. Anche il Grana Padano D.O.P, conosciuto e largamente utilizzato in numerose ricette, è legato a questa regione.

In Veneto si produce l’Asiago, un formaggio a pasta semi-cotta dal gusto leggero e dalla consistenza morbida.

Passando alle regioni del centro nord, impossibile non fermarsi in Emilia Romagna e non citare lo squacquerone romagnolo, fresco, cremoso, simile alla crescenza e frequentemente abbinato a salumi come prosciutto crudo e mortadella per guarnire deliziose piadine.

Il Lazio è invece conosciuto per la produzione di caciotte vaccine, formaggi a pasta morbida o dura di stagionatura variabile prodotte spesso anche con latte misto.

Terminando il nostro viaggio al Sud, impossibile non citare la mozzarella fior di latte: orgoglio della cultura culinaria campana, questo formaggio a pasta filata è conosciuto in tutto il mondo per essere ingrediente principale di insalate estive, antipasti freddi e soprattutto della pizza Margherita.

Il latte vaccino non è l’unico tipo di latte utilizzato per la produzione dei formaggi. In alcune regioni italiane, come Piemonte, Lombardia, Puglia, Basilicata, Sicilia e Liguria sono molto diffusi formaggi realizzati a partire da latte di capra. I formaggi caprini sono in genere contraddistinti da un sapore più marcato e persistente rispetto a quelli vaccini, anche quando la stagionatura risulta molto breve, come nel caso dei formaggi freschi. Con il latte caprino vengono generalmente prodotte ricotte, crescenze e alcuni tipi di formaggi erborinati. Anche la robiola è un formaggio caprino molto amato, contraddistinto da una crosta fiorita morbida e da una consistenza molle. Una delle regioni più conosciute per la produzione di robiola è il Piemonte, in cui nelle colline della zona delle Langhe e del Roero viene prodotta la Robiola di Roccaverano.

Anche il latte di pecora è parte integrante della produzione casearia italiana. Basti pensare alle innumerevoli varietà di formaggio pecorino, come il pecorino romano o il pecorino toscano o il pecorino sardo, diffuse nella penisola. Tra le principali regioni produttrici di pecorino troviamo Sardegna, Lazio, Toscana, Abruzzo, Umbria e Molise.

Il latte di bufala infine, è un prodotto tipico regionale della Campania. Utilizzato per la produzione della Mozzarella di Bufala, questo latte risulta particolarmente apprezzato per la sua ottima resa: per produrre un chilogrammo di formaggio sono sufficienti solamente 5 chili di latte bufala, contro gli 8 normalmente impiegati per dare vita a un chilo di formaggio vaccino. Oltre alla mozzarella e la ricotta, in Campania viene prodotta la BurratadiBufala: la parte esterna di questo formaggio è piuttosto consistente, e racchiude in sé una panna cremosa alla quale vengono aggiunti stracci di pasta filata, conosciuti con il nome di Stracciatella. Curiosità: anche il latte d’asina è recentemente stato introdotto nel mondo della produzione casearia. In Serbia viene attualmente prodotto il Pule, il formaggio più caro del mondo interamente realizzato con latted’asina.

Tipi di formaggi in base alla pasta

La pasta rappresenta il cuore di ciascun formaggio. Grazie alle sapienti tecniche casearie diffuse nelle differenti regioni, è possibile dare vita a prodotti molto diversi fra loro, tutti gustosi e perfetti per portare in tavola ricette sempre nuove e creative. Esistono tre fattori principali per classificare la pasta dei formaggi, siano essi vaccini, caprini, pecorini o bufalini:

  • la temperatura di lavorazione
  • la tecnica di lavorazione
  • la consistenza finale

Considerando la temperatura, è possibile suddividere i formaggi in formaggi a pasta cruda, a pasta semicotta o cotta. Tra i più celebri formaggi a pasta cruda, i quali durante il processo di lavorazione vengono sottoposti ad un riscaldamento inferiore ai 42°, troviamo per esempio il taleggio, la robiola e il Murazzano. I formaggi a pasta semi-cotta sono normalmente sottoposti a una temperatura compresa tra i 42° e i 50°. Tra di essi rientrano la Fontina e il Salignon. Sono formaggi a pasta cotta il Montasio, tipico del Nord-Est e il Bitto, tipico della Lombardia.

Altra fondamentale suddivisione dipende poi dalle tecniche di lavorazione alla quale viene sottoposta la cagliata prima di essere riposta nelle diverse forme. Esse possono infatti dare vita a:

  • formaggia pasta erborinata, chiamati anche formaggi “blu”. Tra di essi rientrano tutti quei prodotti caseari in cui è possibile rintracciare striature verdi o blu originate dall’inoculazione di funghi e muffe del genere Penicillium. Sono formaggi erborinati il Gorgonzola, il Roquefort, lo Stilton e il Bleud’Auvergne;
  • formaggiapastafilata, molto diffusi nel Sud Italia e accomunati dall’immersione della cagliata in acqua bollente. Questa particolare lavorazione riduce la caseina in lunghi fili sottili, i quali vengono stirati e risaldati tra loro. Fanno parte di questa categoria le mozzarelle, le scamorze, i provoloni e il CaciocavalloSilano, prodotto in Calabria così denominato per via della sua particolare forma a testa di cavallo;
  • formaggi a pasta fusa, molto diffusi all’estero e in particolare negli StatiUniti. La cagliata viene in questo caso sottoposta a fusione, per poi essere pressata e tagliata dando vita a delle sottilifette di formaggio normalmente utilizzate per la farcitura dei panini. Sono formaggi fusi anche alcuni prodotto spalmabili, così come i formaggini per bambini che ricordano per consistenza i formaggi a pasta molle.

Infine, è molto utile suddividere i formaggi in base alla consistenza finale della pasta, quella ottenuta al termine della lavorazione. Secondo questo criterio, i formaggi possono essere suddivisi in tre categorie principali:

  1. formaggiapastamolle, per i quali la cagliata non è mai sottoposta a riscaldamento o pressione. Il loro contenuto d’acqua si aggira intorno al 45-70%, determinando una consistenza della pasta cremosa, tendente al liquido. Possono essere lasciati maturare per giorni, mesi o anni. Alcuni esempi celebri di questo tipo di formaggi sono stracchino, formaggelle, ma anche Gorgonzola, Camembert e Brie;
  2. formaggiapastasemidura, in cui la percentuale d’acqua scende tra il 36% e il 45%. La loro consistenza è più compatta e i tempi di stagionatura sono più lunghi. Sono formaggi a pasta semidura la maggior parte dei pecorini, ma anche il Bra, la Fontina, il Bitto e il Montasio;
  3. formaggiapastadura, i quali presentano una percentuale d’acqua compresa tra il 30% e il 40%. Di norma, questi formaggi prevedono una lunga stagionatura. Fanno parte della categoria del formaggio a pasta dura il GranaPadano, il ParmigianoReggiano e il NostranoValtrompia.

Tipi di formaggi in base alla stagionatura

La stagionatura, definita anche maturazione, è il processo che permette alla cagliata di trasformarsi in quello che sarà il prodotto finale.

Una volta lavorata, la pasta del formaggio viene infatti riposta in apposite forme, al fine di avviare la fermentazione degli zuccheri presenti e la trasformazione delle proteine in grassi. Una volta riempite, le forme vengono poste in luoghi chiusi e caratterizzati da un’umidità del 90%, in cui verranno fatte riposare per periodi di tempo anche molto variabili fra loro. In base al tipo di formaggio che si intende realizzare, la maturazione può durare da pocheore fino a oltre 2anni. Proprio in base a questi tempi è possibile classificare i formaggi in base alla loro stagionatura. In ordine crescente si avranno dunque:

  • formaggi freschissimi. Questi formaggi presentano una maturazione molto breve, inferiore a 2 settimane. Un esempio di formaggio fresco è rappresentato dal mascarpone, il quale matura solamente per 24-48 ore. Anche lo squacquerone fa parte di questa categoria;
  • formaggifreschi. Contraddistinti da una maturazione breve, inferiorea30giorni. Questi formaggi non presentano una vera e propria crosta, al più una pelle molto sottile. Contengono una considerevole percentuale d’acqua (fino all’80%) e richiedono una consumazione in tempi rapidi. Tra i formaggi freschi più celebri troviamo la mozzarella, la robiola, lo stracchino e i formaggispalmabili.
  • formaggiamedia stagionatura. In questo caso la maturazione è compresa tra 30giorni e sei mesi. La pasta di questi formaggi può avere una consistenza variabile, e ciascun prodotto può essere contraddistinto da una crosta di diverse tipologie. Fanno parte di questo gruppo formaggi come il Bratenero, l’Asiago, il Castelmagno, la Fontina, il Gorgonzola e il Raschera;
  • formaggiastagionaturalenta. Detti anche formaggi a stagionatura lunga, questi prodotti sono sottoposti a una maturazione superiore a 6 mesi. Sono contraddistinti da una pasta compatta e granulosa, oltre che da una caratteristica crosta molto dura. Alcuni esempi di formaggi a lunga stagionatura sono il ParmigianoReggiano, il GranaPadano e il FioreSardo.

Oltre al territorio di produzione e al tipo di latte utilizzato, la stagionatura è uno dei fattori principali per assegnare la denominazione di formaggi D.O.P (denominazione di origine protetta), I.G.P (indicazione geografica protetta) o S.T.G (specialità tradizionali garantite). Soprattutto in questo ultimo caso, per poter parlare di formaggio S.T.G non è necessario un legame con un territorio specifico, bensì il completo rispetto della ricetta antica.

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