Derivati del latte: quali sono?

Sono gustosi, profumati e ottenuti tramite affascinanti tecniche di lavorazione radicate nella cultura gastronomicaregionale e locale: stiamo parlando dei derivati del latte, una categoria di alimenti molto vasta che racchiude in sé gusto, versatilità in cucina e antiche conoscenze tramandate nei secoli dai maestri dell’arte casearia.

Yogurt, panna, ricotta, mozzarella, gorgonzola, fontina e mascarpone sono solo alcuni dei principali derivati del latte divenuti famosi grazie al loro impiego all’interno di ricette irresistibili, dolci e salate.

La cucina italiana si basa in larga parte sull’impiego di questi ingredienti: basti pensare a piatti illustri come la pizza, le lasagne o a dolci come il tiramisù e i cannoli siciliani, vere e proprie delizie che hanno conquistato davvero tutto il mondo.

Grazie alla lavorazione del latte di provenienza animale, sia esso latte di vacca, di pecora, di capra o di bufala è infatti possibile dar vita a prodotti dalla consistenza e dal gusto molto differenti, ma sempre buonissimi, adatti per essere inseriti in antipasti, primi piatti, secondi e dessert.

C’è chi li ama e chi no, chi ne limita l’assunzione e chi invece li introdurrebbe in qualsiasi piatto come ingrediente principale: se i derivati del latte costituiscono un ingrediente essenziale della vostra cucina, in questo articolo scoprirete come essi vengano classificati e quali siano le diverse caratteristiche di ciascun prodotto. Grazie a queste informazioni, potrete conoscere ancora più da vicino i vostri derivati del latte preferiti, imparando a riconoscerli e sperimentandone in cucina i gli usi più disparati.

Quali sono i derivati del latte

Quello della produzione lattiero-casearia è un settore pieno di storia, rappresentato da una fitta rete di produttori locali e da una filiera controllata che ogni giorno permette a migliaia di persone di portare in tavola gioia, gusto e creatività. Si calcola in media che in Italia vengano prodotti ogni anno più di 10 milioni di tonnellate di latte vaccino, 500 mila tonnellate di latte ovino, 60.000 tonnellate di latte caprino e 218.000 tonnellate di latte bufalino.

Numeri talmente grandi da risultare quasi inimmaginabili, ma che si concretizzano ogni giorno in tutti quei prodotti diffusi sulle nostre tavole, spesso basi per moltissime ricette, anche le più elaborate.

Il termine “derivati del latte” è in ogni caso molto ampio, e comprende al suo interno tutti i prodotti alimentari ottenuti tramite la lavorazione del latte di provenienza animale, sia esso latte intero,  latte scremato o parzialmente scremato. Sono quindi derivati del latte:

  • il burro
  • la panna o crema di latte
  • lo yogurt
  • i latti fermentati
  • la ricotta
  • il formaggio fresco
  • il formaggio stagionato

Leggendo brevemente l’elenco riportato sopra, vi sarete accorti di quante delle ricette che avete cucinato o assaggiato almeno una volta nella vita contengano uno o più derivati del latte: per avere un’idea più chiara di quali siano le caratteristiche di ciascun prodotto tuttavia, è necessario suddividere ulteriormente i derivati del latte in due gruppi principali.

È infatti abitudine comune far rientrare molti degli alimenti sopra citati all’interno del gruppo dei latticini, anche se in realtà ciò non risulta corretto. Siete soliti riferirvi alla mozzarella e allo stracchino includendoli fra i latticini? Se la risposta è sì, dovete sapere che in realtà né l’una né l’altro possono essere definiti tali. Scopriamo quindi quali sono le tecniche di lavorazione del latte che ci consentono di utilizzare certi termini a discapito di altri.

Differenza tra derivati del latte e latticini

I termini “latticini” e “derivati del latte” non sono sinonimi: se è vero che tutti i latticini sono necessariamente derivati del latte, non è corretto affermare che tutti i derivati del latte siano latticini.

Per comprendere le ragioni di questa distinzione, è necessario conoscere le tecniche di lavorazione che stanno alla base di ciascun alimento. Secondo l’opinione più diffusa all’interno del settore, sono definibili latticini tutti quei prodotti derivati del latte non sottoposti al processo di coagulazione delle caseine. Lo yogurt e alcuni latti fermentati rappresentano un caso ibrido, in quanto sono sottoposti al processo di coagulazione tramite fermentazione, ma non per effetto di cagliatura. Nell’accezione comune, esso rientra comunque all’interno della categoria dei latticini.

La cagliatura è strettamente legata alla produzione dei formaggi, i quali al contrario di quanto si potrebbe pensare non sono latticini.

La coagulazione consiste nel separare la componente solida del latte da quella liquida, detta siero.  Ciò avviene di norma inserendo nel latte il caglio, un particolare insieme di enzimi ricavato dall’intestino dei vitelli (o di provenienze vegetali) che, in base a diversi tempi di stagionatura e alla quantità d’acqua utilizzata porta alla creazione del formaggio a pasta molle, semidura o dura.

Formaggi a parte quindi, in commercio è possibile reperire facilmente numerosi latticini, comunemente utilizzati per cucinare golosi antipasti come tartine e flan, oppure per condire gustosi primi piatti con morbide salse (prima fra tutte la besciamella); i latticini trovano un impiego considerevole anche nei secondi piatti, e vengono spesso utilizzati per farcire involtini, guarnire succulenti filetti o per cuocere bistecche e scaloppine. Infine, tra le preparazioni che prevedono più spesso l’utilizzo di latticini, vi sono i dessert. Torte, biscotti, creme e pasticcini sono solo alcuni esempi. Tra i latticini più diffusi ed utilizzati troviamo perciò:

  • lo yogurt
  • il burro
  • la panna

Vediamo adesso quali sono le caratteristiche di ciascuno di questi alimenti e quali le ricette più golose e sfiziose in cui impiegarli. Siete pronti? Che il viaggio nel mondo dei latticini abbia inizio!

Lo yogurt

Magro, intero, greco, bianco, alla frutta, zuccherato o non zuccherato. Quelli che abbiamo elencato sono solo alcuni dei tipi di yogurt che si possono trovare nei supermercati: nonostante questa varietà, esiste un minimo comune denominatore capace di riunirli tutti in un’unica famiglia.

Stiamo parlando del processo di fermentazione, il quale grazie all’immissione di particolari microrganismi all’interno del latte, dà vita allo yogurt. I batteri utilizzati durante questo processo, chiamati anche fermenti, appartengono al genere Lactobacillus o Streptococcus, e una volta entrati a contatto con il latte, producono una reazione chimica chiamata fermentazione lattica, la quale prevede la trasformazione del lattosio presente nello yogurt in acido lattico. A differenza della coagulazione, la fermentazione conferisce a questo alimento una consistenza vellutata e un caratteristico sapore acidulo. Il processo di produzione dello yogurt industriale comprende diverse fasi:

  1. la filtrazione del latte;
  2. l’omogeneizzazione;
  3. la pastorizzazione del latte a 85°-90°;
  4. il raffreddamento a 5°-10°, per rallentare l’attività microbica e prevenire un’eccessiva acidificazione;
  5. l’inoculazione delle colture batteriche a 40°-45°;
  6. la fermentazione, della durata di 4-9 ore alla temperatura di 42°-44°;
  7. il raffreddamento a 1°-4°, che consente il mantenimento dell’attività microbica;
  8. il confezionamento, in cui possono essere aggiunti ingredienti come frutta, cioccolato o cereali, in una percentuale non superiore al 30%.

Secondo la legge italiana, può essere definito yogurt solamente il prodotto ottenuto in seguito alla fermentazione del latte vaccino ad opera di Lactobacillus bulgaricus e Streptococcus thermophilus. Tali batteri devono inoltre risultare vivi e attivi fino al momento del consumo. In commercio esistono moltissime varietà di yogurt, ciascuna caratterizzata dalla presenza di uno o più elementi in aggiunta al latte di partenza:

  • Yogurt bianco: è ottenuto aggiungendo ai vari tipi di latte (intero, parzialmente scremato, scremato) una certa quantità di organismi vivi, quali batteri o batteri probiotici. Esso può essere a sua volta suddiviso in yogurt bianco magro, parzialmente scremato o intero, in base alla percentuale di grassi in esso contenuta al termine della fermentazione;
  • Yogurt probiotico: è un tipo di yogurt che contiene particolari ceppi di fermenti lattici capaci di influire positivamente sul macrobiota intestinale, svolgendo cioè un’azione di supporto per l’intestino e il sistema immunitario;
  • Yogurt greco: a differenza dello yogurt semplice, lo yogurt greco viene filtrato più volte. Ciò comporta la formazione di una materia più compatta e acidula rispetto a quella che caratterizza gli altri yogurt.

Lo yogurt è un ingrediente molto utilizzato nella preparazione di salse, creme e dolci.

Soffici ciambelle, golosi plumcake o irresistibili torte sono solo alcuni dei dessert che vi consigliamo di provare a realizzare con l’aiuto di questo alimento: per farvi un’idea sulle infinite possibilità a vostra disposizione, vi consigliamo di dare un’occhiata alla nostra sezione dedicata alle 10 migliori ricette con lo yogurt. Siamo sicuri che dopo che le avrete provate non riuscirete più a fare a meno di tenere almeno un vasetto di yogurt sempre pronto in frigorifero!

A titolo di esempio, riportiamo qui la preparazione di una deliziosa salsa allo yogurt, il migliore accompagnamento per secondi piatti di carne e di pesce, molto semplice e velocissima da realizzare. Per prepararla, vi occorreranno solamente 125 g di Yogurt Intero Galbani, al quale dovrete aggiungere il succo filtrato di un limone, 20 g di olio extravergine di oliva e un pizzico di sale. Una volta uniti gli ingredienti, mescolate il tutto e guarnite la vostra salsa con gli aromi che preferite: paprika, curcuma, zenzero, aglio, prezzemolo, basilico ma anche coriandolo o erba cipollina. Servitela accanto a un gustoso piatto di carne alla griglia o con un filetto di salmone al vapore: il risultato lascerà i vostri ospiti a bocca aperta!

Il burro

Tra i latticini più utilizzati in cucina troviamo anche il burro. Questo derivato del latte è ottenuto dalla lavorazione di un altro latticino altrettanto celebre: la panna.

Generalmente, per produrne un solo chilogrammo, sono necessari ben 25 chilogrammi di latte.

Le radici storiche della preparazione del burro affondano in un passato remoto, tanto da essersi perse nei meandri del tempo. Alcuni tendono a farle risalire addirittura al VI secolo avanti Cristo! Il burro è stato largamente utilizzato dalle civiltà antiche come prodotto di cosmetica, oltre che come farmaco e unguento curativo. Oggi, per portare in tavola i numerosi tipi di burro esistenti, sono necessari metodi ben precisi: le procedure per ricavarlo dalla panna o crema di latte sono essenzialmente l’affioramento e la centrifuga. Nel primo caso, il latte crudo viene fatto riposare per una durata di tempo compresa fra le 8 e le 12 ore. Durante questa prima fase, la parte grassa e solida del latte affiora lentamente in superficie, separandosi dal siero, la parte liquida.

Allo stesso modo, tramite la centrifuga, è possibile ottenere la scissione fra parte grassa e siero. Il composto grasso ottenuto mediante questi due procedimenti è la panna, la quale per dare vita al burro verrà sottoposta a pastorizzazione (scaldata cioè ad una temperatura di 90°-100°) e successivamente a burrificazione. Questo passaggio avviene tramite agitazione meccanica a freddo della panna e consente di eliminare l’acqua residua. L’agitazione della panna è anche conosciuta con il termine “zangolatura”, mutuato dalla parola zangola, la quale indica gli antichi strumenti in legno utilizzati per agitare la panna. Dopo la zangolatura vi è poi la fase di confezionamento. Il burro viene così diviso in panetti o inserito in barattoli o contenitori.

Secondo la legge italiana, può rientrare sotto la denominazione di burro solo l’alimento prodotto dalla lavorazione della panna ricavata da latte vaccino o da siero di latte vaccino, in cui la percentuale minima di grassi ammessa è pari all’80%, quella di acqua al 16% e quella dei solidi non grassi al 2%. Così come avviene per il latte e per lo yogurt, anche il burro può essere suddiviso in differenti tipologie, le quali sono determinate da diverse variabili come la quantità di grassi e acqua presenti, l’aggiunta o meno di altri ingredienti e dal tipo di bollitura alla quale è sottoposto il latte. Oltre al burro semplice troviamo:

  • burro chiarificato: è un burro composto nella sua totalità da grassi. Il burro chiarificato arriva a contenere il 99% di grassi in seguito ad una ulteriore lavorazione del burro. Questo procedimento è molto utile in cucina perché permette di ottenere un alimento con punto di fumo nettamente più alto rispetto a quello del normale burro: ciò consente di cuocere i cibi ad alte temperature senza che il grasso subisca modifiche potenzialmente dannose per l’organismo;
  • burro anidro: caratterizzato da una percentuale di grassi ancora più alta rispetto a quella del burro chiarificato, e capace perciò di raggiungere un valore molto vicino al 100%;
  • burro ¾ : un burro che contiene una percentuale di grassi variabile fra il 60% e l’80%. A ciò corrisponde una presenza maggiore di acqua, ed è ideale per essere consumato crudo spalmato su pane, crostini o fette biscottate. In realtà, questo prodotto non è definibile burro secondo la legge, in quanto la percentuale di grassi in esso contenuta scende sotto l’80%;
  • burro a metà: caratterizzato da una percentuale complessiva di grassi del 40%, viene generalmente utilizzato in pasticceria e per preparazioni dolciarie;
  • burro salato: come suggerito dal nome questo burro vede un’aggiunta di sale durante l’ultima fase di produzione. Molto diffuso in Francia e nei paesi anglosassoni, viene utilizzato come condimento per primi e secondi ma anche come alimento da consumare a colazione.

In cucina il burro è largamente utilizzato come ingrediente di base per la preparazione di biscotti, salatini e prodotti da forno dolci e salati. Se volete deliziare i vostri ospiti con una sfiziosa preparazione a base di burro da servire durante le feste o i vostri apertivi, vi suggeriamo di consultare la ricetta di questi allegri e deliziosi biscottini al burro e formaggi: divertitevi a scegliere formaggi differenti per creare varianti ancora più golose, e realizzate le forme e le decorazioni che preferite facendovi aiutare dai vostri bambini*!

*Sopra i tre anni

La panna

Conosciuta anche con il nome di crema di latte, la panna è un latticino che si ottiene grazie alla scomposizione del latte in componente solida e liquida.

La panna può essere prodotta tramite due differenti lavorazioni: la decantazione e la centrifuga. Nel primo caso, il latte vaccino viene lasciato riposare all’interno di appositi contenitori fino a quando le componenti grasse e proteiche, più leggere dell’acqua, affiorano in superficie. La centrifugazione, tipicamente utilizzata per produrre la panna industrialmente, consiste invece nel far ruotare il latte ad una velocità di 7000 giri al minuto, fino a determinarne la scomposizione in parte solida e liquida. Il contenuto minimo di grassi necessario per poter utilizzare la denominazione di crema di latte o panna è, secondo le direttive europee di riferimento, pari al 10%.

Una volta ottenuto un composto grasso, esso può essere ulteriormente lavorato per dare vita a diversi tipi di panna, adatti a preparazioni culinarie dolci e salate. Tra i tipi di panna più utilizzati troviamo:

  • panna da cucina: caratterizzata da un gusto neutro e da una consistenza molto densa, la panna da cucina contiene circa il 20% di grassi e viene normalmente impiegata come base e legante per salse da abbinare a primi piatti e secondi;
  • panna fresca pastorizzata: commercializzata anche con il nome di crema di latte, la panna fresca è la più utilizzata in pasticceria, costituendo la base per dolci come la panna cotta, i budini e la panna montata, uno degli ingredienti più utilizzati per la guarnizione di torte, semifreddi e pasticcini. Essa viene sottoposta a una pastorizzazione a 75° entro le 48 ore successive alla mungitura del latte, e contiene una percentuale di grassi pari a circa 35%;
  • panna UHT: è conosciuta come panna a lunga conservazione, e pur contenendo la stessa quantità di grassi della panna fresca, la panna UHT presenta un sapore meno dolce ed è sottoposta a una pastorizzazione a 120°, la quale riduce la presenza di eventuali germi o batteri;
  • panna spray: venduta in bombolette che contengono un particolare gas, il protossido di azoto, la panna spray è un tipo di panna fresca che risulta soffice e spumosa e pronta per essere spruzzata come guarnizione o decorazione di bevande, frutta o dessert.

Fatte le dovute premesse, non possono mancare alcuni dei nostri consigli relativi all’uso della panna. Che ne dite di provare a deliziare grandi e piccini* con un dolce esplosivo e dal successo garantito? Stiamo parlando del gelato al mascarpone con amarene, una delizia da gustare in estate dopo una cena con gli amici o per rendere merende e compleanni ancora più gustosi. Fra tutti i latticini, la panna è uno degli ingredienti fondamentali per creare cremosi dessert freddi come gelati, semifreddi e torte! Scoprite come utilizzarla al meglio nella nostra sezione dedicata ai migliori dessert senza cottura!

Gli altri derivati del latte

I derivati del latte che non appartengono alla categoria dei latticini sono moltissimi. Ricotta, formaggi freschi come mozzarella, stracchino, fiocchi di latte e tutti i formaggi stagionati sono solo alcuni di questi. Anche i latti fermentati, ottenuti tramite l’inoculamento di batteri all’interno del latte, rientrano fra i derivati del latte facilmente reperibili in commercio, e sono spesso legati a culture gastronomiche regionali o provenienti da paesi esteri. Tra di essi rientrano:

  • Kefir: questo tipico latte fermentato dell’Europa Orientale ottenuto grazie all’azione di batteri e lieviti. Oltre all’acido lattico, il Kefir può contenere anche alcol e acido acetico.
  • Leben: un latte fermentato molto diffuso in Africa del Nord e in alcune parti dell’Arabia.
  • Gioddu: un prodotto ottenuto dalla fermentazione del latte di pecora o di capra tipico della gastronomia sarda.

I menù e le ricette di tutte le regioni italiane si basano in larga parte sulla preparazione di piatti contenenti derivati del latte, i quali possono però anche essere serviti come pietanza a sé.

È questo il caso dei formaggi, che in base alla consistenza e al gusto più o meno marcato possono essere presentati come antipasto, magari su un tagliere pieno di salumi e focacce, oppure al termine di un pranzo o di una cena accompagnati da miele, marmellate e confetture di frutta.

Se volete conoscere più a fondo la storia e le caratteristiche di formaggi a pasta molle, dura o semidura, vi consigliamo di approfondire l’argomento leggendo questa sezione dedicata a formaggi e latticini: all’interno troverete numerose idee per inserire i formaggi giusti nelle vostre ricette dolci e salate, scoprendo come preparare gustosi bignè, deliziose cheesecake o una irresistibile pasta ai 4 formaggi fatta anche con il riso. Mozzarella di bufala, Gorgonzola, brie, fontina, parmigiano, pecorino: divertitevi a conoscerli tutti e a sperimentare preparazioni sempre nuove e golose!

*Sopra i tre anni

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