Cjarsons: come preparare i ravioli carnici

Cjarsons

Un orizzonte sconfinato fatto di cielo limpido e montagne incantate, al confine con Austria e Veneto, sospeso tra alta quota e valli lussureggianti: ecco la Carnia, un territorio quasi “nascosto” tra le Alpi, un luogo incantato in cui difficilmente si giunge per caso. Custodita da impervi passi alpini, al termine di un percorso non breve che si snoda da Sud o che attraversa le Dolomiti Friulane, la Carnia è un luogo autentico, che appare conservato attraverso secoli di storia nel suo paesaggio incantevole e nella natura lussureggiante, incontaminata. Qui la montagna è la regina assoluta, severa ma bellissima sovrana di un popolo fiero, schivo ma accogliente, che vive in queste valli da millenni, tra cascate e ruscelli, laghi d’alta quota, azzurrissimi, e boschi innevati.

In questo angolo d’Italia, nella regione del Friuli Venezia Giulia, si conserva un patrimonio culturale e religioso molto particolare, in cui i borghi rurali custodiscono gelosamente le proprie usanze e i propri riti, così come le botteghe artigiane, nell’ossequioso rispetto della natura circostante, lavorano la terra e i materiali che essa offre, con maestria e pazienza, spesso con le stesse tecniche di un tempo. In un mondo del genere non è difficile immaginare una gastronomia umile ed essenziale, che ha una storia antica come il suo paese. Allo stesso tempo, questa cucina è fatta di gusti forti e sapori ricchissimi, che giocano sul contrasto e sulla semplicità.

Non c’è esempio più calzante di queste forti usanze gastronomiche dei cjarsons, ravioli dolci tipici di quest’area montana della provincia di Udine, che riuniscono le famiglie intorno alla tavola da innumerevoli generazioni, dapprima per portare a termine la complessa preparazione, in cui sono custoditi i segreti culinari della padrona di casa, e poi per gustarne i sapori contrastanti, tra il dolce e il sapido, racchiusi nel sottile scrigno di pasta ripiena. Una vera e propria immersione nel cuore della cucina tipica friulana, che ama mescolare ingredienti dolci (non per ultimi zucchero, marmellate e frutta) e salati nei suoi gustosi primi piatti, e lo fa con antica sapienza, con passione e un pizzico di audacia.

Cjarsons: cosa sono

I friulani di montagna si riconoscono facilmente: non sentirai mai, da uno di loro, pronunciare “ciar-sons” – come verrebbe da dire a qualunque cittadino di valle, friulano o meno – il suono di una parola tanto cara, cjarsons. La pronuncia montanara può variare leggermente, specialmente tra “chiar-sons” e “car-sons”, e rispecchia sensibilmente la complessità della ricetta, che in base all’uso locale, vanta ben più di una singola versione. Quel che è certo è che i cjarsons sono un piatto povero della tradizione carnica, diffusa specialmente nel nord della zona, ma ben rappresentati anche in valle.

Sebbene si tratti di una di quelle ricette che non possono mancare nel menù di un ristorante friulano, i cjarsons sono un piatto della famiglia, tipico conforto della domenica e delle feste, preparato con ingredienti semplici e materie prime, e farcito secondo tradizioni diverse, che variavano con le stagioni e anche in base ai prodotti di cui la casa disponeva sul momento. La particolarità di questi ravioli è che, all’interno della sottile sfoglia di pasta, si possono trovare anche alcuni ingredienti tipici della pasticceria, come ad esempio lo zucchero, la marmellata, l’uvetta, e così via. Da qui, il sapore dolce che caratterizza i cjarsons, e che li hanno resi uno dei piatti più famosi della cucina friulana.

I cjarsons sono realizzati con una pasta a base di farina di grano tenero e acqua che, in alcune varianti, è realizzata impastando anche delle patate. La sfoglia così ottenuta, stesa e ritagliata in forma tondeggiante, è chiusa a mezzaluna per racchiudere una noce di morbido ripieno, il cui sapore varia tra il dolce e il salato in base alla zona di produzione, e spesso è diverso di casa in casa. Nessuna delle numerose varianti – sono più di una trentina – prevede per la farcia l’uso della carne, ma piuttosto si usano da sempre le erbe spontanee, le patate, l’uvetta e la cannella in polvere; a questi ingredienti si può aggiungere formaggio o frutta secca, cipolla, e mais, persino biscotti secchi, fettine di mela, marmellata e grappa… persino il cioccolato fondente: dal salato al dolce, ogni versione troverà la sua gradazione e il suo equilibrio a cavallo dei contrasti. I ravioli sono poi cotti in abbondante acqua salata e conditi con burro fuso (o meglio con l’ont, burro chiarificato) e con ricotta affumicata grattugiata, la scuete fumade friulana.

Si verrebbe da chiedersi da dove venga una tale abbondanza di ingredienti, alcuni tra l’altro non esattamente “locali” come li intenderemmo noi oggi. Ebbene, leggenda narra che questi venissero recuperati dai cramârs, venditori ambulanti di spezie e stoffe, che si recavano oltralpe per i propri commerci e poi tornavano a casa, a inizio inverno, carichi degli “avanzi” della loro mercanzia, ordinatamente riposti nella piccola cassettiera chiamata crassigne. Proprio in uno di questi antichi strumenti – si racconta – si sarebbe nascosto uno Sbilf, un folletto dei boschi carnici, il quale avrebbe per primo svelato la ricetta dei cjarsons alla moglie di uno dei cramârs.

A Sutrio e in altri comuni della provincia di Udine, si organizzano ogni anno feste e sagre dedicate a questo piatto della tradizione, e che oggi è per ogni abitante della Carnia un vero e proprio simbolo delle festività: pare che la sua origine affondi le radici nella tradizione gastronomica medievale, con alcuni rimaneggiamenti in età rinascimentale, specie nella sottigliezza della sfoglia. L’assenza della carne rende i cjarsons un piatto perfetto per la Vigilia di Natale, così come per il pranzo del Venerdì Santo, all’approssimarsi della Pasqua; quale che sia il periodo dell’anno non c’è primo piatto migliore in Friuli per pasteggiare in allegria insieme a parenti e amici.

Cjarsons: varianti locali

Per quanto si tratti di un piatto estremamente diffuso in Carnia, non è tuttora possibile codificare un’unica ricetta dei cjarsons: c’è chi sostiene che non si potrebbe nemmeno identificare una variante per ogni vallata, ma che sarebbe necessario andare di casa in casa, per scoprire ogni volta una ricetta diversa, nel gusto o nella forma, nell’impasto o nel ripieno. Un aneddoto in particolare è davvero molto significativo per capire la quantità di varianti presenti in tutta la regione e la portata della competizione che ogni valle, ogni paese, ogni famiglia vive con gli altri, nel rivendicare l’autenticità della ricetta: negli anni Settanta, lo chef friulano Gianni Cosetti, intenzionato a inserire i cjarsons nel menù del suo ristorante, si sentì in dovere di indire, prima, un vero e proprio concorso rivolto a cuochi, cuoche, casalinghe e massaie, che si presentarono a decine, e nessuno con la stessa identica ricetta.

La prima variante, lo abbiamo detto, è nell’impasto: c’è chi lo fa “all’antica”, unendo a farina e acqua anche una certa dose di patate lesse, rendendo la sfoglia perciò molto più morbida ma anche più difficile da maneggiare; c’è invece che usa solo farina di grano tenero, acqua e sale; chi infine usa sia l’uno che l’altro impasto, in base al ripieno che desidera “abbinare”. Ed è proprio nella farcia interna che si conta il maggior numero di varianti, che si dividono abbastanza equamente tra dolci e salate. È proprio questo il punto forte dei cjarsons: si farciscono con ciò di cui si dispone, così come si faceva un tempo. Che sia proprio questo il segreto della “ricetta originale”?

Ma se proprio volessimo descrivere gli ingredienti dei ravioli friulani, in base a quelli utilizzati dalle principali località della Carnia e dei dintorni, potremmo rintracciare almeno una decina di ricette differenti.

  • Cjarsons di Paularo. In questo comune del Friuli, si racconta che i cjarsons erano utilizzati per catturare i folletti del bosco, che di questi ravioli erano ghiotti. Qui la farcia, chiamata pastum, è prevalentemente dolce e prevede ricotta fresca, pere, varie marmellate, del cacao amaro, cannella e rum (al posto della grappa). Alcuni aggiungono anche biscotti secchi; il raviolo – naturalmente – è condito poi con burro chiarificato e ricotta affumicata.
  • Cjarsons di Cabia. Ad Arta Terme, e precisamente nella frazione di Cabia, i ravioli sono considerati una sorta di “antico confetto”, sia perché offerti in occasioni di feste e ricorrenze, sia per il ripieno particolarmente sontuoso: oltre a cannella e cacao amaro, si usa inserire nella farcia anche cioccolato, ricotta fresca, confettura di ciliegie e di albicocche, vermouth, scorza di limone e prezzemolo tritato.
  • Cjarsons di Piedim. Restiamo ad Arta Terme, ma cambiamo frazione: cambieranno decisamente anche i cjarsons, che in questa piccola zona prevedono come ripieno un composto a base di marmellata di prugne, cioccolato fondente, uvetta, fichi secchi, noci e nocciole. Al posto del vermouth si usa la grappa o del vino locale, il tutto condito da burro fuso, ricotta affumicata e una piccola dose di noce moscata.
  • Cjarsons di Ligosullo. In questo paesino di un centinaio di abitanti, i ravioli friulani si fanno con un ripieno a base di patate, prezzemolo e cipolla, con aggiunta di zucchero semolato e sono caratterizzati dall’uso di melissa e menta; il condimento è realizzato con la ricotta affumicata.
  • Cjarsons di Priola. Siamo nel comune di Sutri: in questo caso la variante non è solo negli ingredienti, ma anche nell’occasione: i cjarsons si preparano, infatti, principalmente per la festa dell’Immacolata. La farcia si prepara con bieta o altre erbette cotte al vapore, spezie ed erbe aromatiche, un cucchiaino di rum e uno di cacao amaro, buccia d’arancia e pane grattugiati finemente, biscotti secchi tritati e zucchero di canna. Il tutto è impastato insieme a patate e ricotta.

Come preparare i cjarsons

Tortelli e ravioli, cappelletti e tortellini, agnolotti e anolini: quante paste ripiene conosciamo in Italia? Se esistono così tante varianti per una singola ricetta, quella dei cjarsons, non c’è da stupirsi che ne esistano altrettante nelle altre regioni d’Italia. Tutte, indiscriminatamente, sono ai vertici della graduatoria del cibo più gradito da adulti e bambini*, spesso cucinato insieme in famiglia, sempre portato a tavola con grande e condiviso appetito. Questa incredibile varietà di ricette di “ravioli”, sebbene così diverse tra loro, condividono una base comune: una sfoglia che racchiude un morbido ripieno. Ed è proprio da questi due elementi che partiremo per descrivere il procedimento da seguire per realizzare il raviolo carnico, che prevede la preparazione della pasta, quella del pastum (il ripieno) e infine l’assemblaggio e la cottura del cjarson.

Iniziate quindi dalla preparazione della pasta: utilizzate un impasto di farina di tipo 00 e dell’acqua già salata, molto calda, e stendetelo con un mattarello su una tavola di legno fino a raggiungere uno spessore di un millimetro: la sfoglia deve essere sottile ma corposa, e non deve rompersi. Per realizzare l’impasto nella versione con le patate, cuocete quest’ultime a vapore dopo averle private della buccia, oppure lessatele in acqua bollente salata; lasciatele raffreddare e poi mescolatele con la farina e l’acqua, aggiungendo un filo d’olio extravergine d’oliva. Lavorate l’impasto e poi lasciatelo riposare per 30 minuti; stendetelo con il mattarello e l’aiuto di un po’ di farina per ottenere una sfoglia di circa un paio di millimetri di spessore. Ricavate dei dischi ritagliando a mano i bordi oppure utilizzando un bicchiere rovesciato; lasciateli riposare ancora un po’ sulla tavola spolverata con della farina, in attesa di ricevere il ripieno.

Per la preparazione del ripieno iniziate scegliendo gli ingredienti e procedete alla loro eventuale cottura: patate, biete ed erbette andranno sbollentate; a parte, sarà necessario far sciogliere del burro in cui si lascerà soffriggere la cipolla e gli altri odori (erbe aromatiche, melissa e menta, frutta secca, in base alla selezione di ingredienti scelti). Infine, aggiungere all’impasto gli alimenti che andranno consumati a crudo: la ricotta fresca, il cioccolato fondente tritato, i biscotti secchi, le confetture e le marmellate, la scorza di limone o d’arancia, ecc. Condire la farcia in una terrina capiente con vino, grappa o rum, in base alla ricetta locale.

Passiamo ora alla chiusura e alla cottura dei cjarson: disponete una noce di pastum al centro di ogni disco di sfoglia, chiudetela a mezzaluna e poi arricciate i bordi con le dita per saldare bene tra loro i lembi di pasta. I cjarsons saranno cotti dopo circa 8-10 minuti di cottura in acqua bollente; l’impasto con la patata tende a venire a galla se pronto, così come succede per gli gnocchi. Condire con ricotta affumicata grattugiata e burro cotto e chiarificato: se la ricetta lo prevede, aggiungere anche cannella in polvere, zucchero o noce moscata.

Ricetta dei cjarsons salati

Come abbiamo più volte ripetuto, non esiste un’unica ricetta dei cjarsons: qui vi proponiamo una delle varianti più diffuse, che prevede un ripieno ben bilanciato tra sapore dolce e salato e che si può condire con la morchia, un condimento a base di burro fuso in cui viene fatta tostare della farina di mais. L’impasto scelto è quello elastico e morbido realizzato con farina, acqua e patate ed è ideale per accogliere il morbido ripieno a base di bietole ed erbe aromatiche.

Iniziate, come nella ricetta tradizionale, lasciando bollire in acqua salata alcune patate; schiacciatele e mettetene via la metà, che servirà per il ripieno. Impastate il resto con la stessa quantità, in grammi, di farina di tipo 00 e dell’acqua bollente, quanto basta per avere un impasto morbido e malleabile. Aggiungete all’impasto un cucchiaio di olio extravergine di oliva, per aumentarne l’elasticità. Lasciate riposare l’impasto in un panno pulito, sulla tavola di legno, per circa mezz’ora, durante la quale potete dedicarvi alla preparazione del ripieno. Come accennato, per questa ricetta utilizzeremo una farcia a base di bietole (o semplice bieta), che andrà sbollentata e tritata finemente insieme alle erbe aromatiche: scegliete un mix di prezzemolo, maggiorana e timo fresco. In una ciotola capiente mescolate insieme le patate messe da parte, le erbe e l’uvetta fatta precedentemente rinvenire in acqua tiepida; aggiungete agli ingredienti anche un etto di ricotta fresca, la scorza grattugiata di un limone non trattato, mezzo cucchiaino di cannella in polvere e un cucchiaio abbondante di cacao amaro. A parte, in padella fate appassire mezza cipolla bianca tritata finemente in abbondante burro, poi unitela all’impasto; mescolate con cura, salate e lasciate raffreddare completamente.

Ora procedete come descritto precedentemente: adagiate una noce di ripieno al centro dei dischi di sfoglia ottenuti stendendo con cura la pasta, aiutati da un mattarello; chiudete i dischi a metà, sigillando bene i bordi e arricciandoli con dei pizzichi delle dita; assicuratevi di far uscire l’eventuale aria rimasta tra impasto e sfoglia. Tuffate i cjarsons in acqua bollente e intanto preparate il condimento: lasciate tostare un cucchiaio di farina di mais in padella, aggiungendo poi un tocco consistente di burro: appena la morchia si sarà imbrunita, versatela sui ravioli ben scolati e completate il piatto grattugiando abbondante ricotta affumicata.

Vi consigliamo di provare anche la variante proposta dallo chef carnico Gianni Cosetti, ribattezzata “cjalsóns rustícs”. Questa ricetta prevede infatti un ripieno realizzato con salsiccia fresca (oppure affumicata, tipica di alcune zone alpine) sfumata in padella con del vino bianco, a cui si aggiunge della ricotta fresca. Condire i cjarsons con una salsa a base di ricotta affumicata grattugiata e latte, aromatizzata da un paio di grani di pepe nero.

Ricetta dei cjarsons dolci

In questa piccola rassegna di ricette ispirate alla tradizione dei cjarsons non potevano mancare le varianti dolci, quelle – ovvero – che non solo si caratterizzano per un impasto dal sapore dolce e speziato, ma che possono essere serviti anche a fine pasto, a mo’ di dessert. Partiremo da una ricetta tradizionale, diffusa in varie zone del Friuli, per poi illustrare una variante carnica meno conosciuta, ma altrettanto gustosa e apprezzata.

La prima ricetta che vi proponiamo è ancora tra quelle servite come primo piatto, ed è infatti condita in modo tradizionale con burro chiarificato, cannella e ricotta affumicata. La sfoglia verrà invece tirata a partire da un impasto realizzato solo con acqua, farina 00 e un pizzico di sale fino: una volta che saranno stati realizzati i dischi di pasta, questi verranno riempiti con un cucchiaino di farcia. È proprio il ripieno a fare la differenza: questo verrà realizzato con ricotta fresca, confettura di frutta (ottima quella di mele cotogne, ma va bene anche quella di pere o di albicocche), un cucchiaio di cacao amaro in polvere, una manciata di uvetta e di noci tritate grossolanamente, la scorza grattugiata di un limone non trattato e biscotti secchi spezzettati con le dita o con il fondo di un bicchiere. Condite la farcia così composta con della cannella e un bicchierino di rum.

Tra le versioni dolci dei cjarsons ce n’è una particolarmente significativa, che ha origine nella frazione alpina di Timau (Tamau in friulano), che si trova a quasi 900 metri di altezza e che conta qualche centinaio di abitanti: qui si parla tedesco, anzi, fin dal Medioevo la lingua d’uso è un particolare dialetto della Carinzia, la regione austriaca confinante con la Carnia. Tra le parole germaniche del dialetto timavese, le generazioni più anziane custodiscono gelosamente anche i segreti della ricetta dei cjarsons di Timau, che i forestieri possono solo intuire.

La vulgata tramanda che il ripieno dei golosi ravioli, avvolto da una pasta rigorosamente priva di patate e leggermente insaporita con del sale, sia composto da patate lessate, una cipolla dolce lasciata imbiondire nel burro, una generosa dose di zucchero e di cannella in polvere, del cioccolato fondente e uva sultanina; pare che la farcia ottenuta mescolando questi ingredienti sia poi profumata da qualche foglia di menta essiccata, dalla scorza grattugiata di un limone e da un pizzico di pepe. Le mani più esperte chiudono i ravioli incrociando i bordi in un delicato disegno, che oltre ad essere decorativo, sigilla perfettamente i lembi della pasta evitando che la farcia possa disperdersi nell’acqua bollente, durante la cottura. Se si fa attenzione ad eliminare bene l’aria in eccesso all’interno del raviolo, lasciando la farcitura aderire bene alla sfoglia, i ravioli verranno a galla non appena saranno cotti, senza che sia necessario controllare il minutaggio. Il ripieno dolce e aromatico è esaltato dal condimento dei ravioli, ottenuto come da tradizione lasciando sciogliere del burro finché non diventa di un bel colore bruno e intenso, mischiato poi a ricotta affumicata, cannella e zucchero di canna.

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